Oltre la siepe

Trascorrere dei giorni senza usufruire di tutte le comodità che ormai fanno parte della nostra vita quotidiana, lontani dai genitori, ma vicini ad una comunità che può essere ritenuta “famiglia”…Insomma, il campo Scout è una vera e propria sfida! Eppure vivere quest’esperienza, diversa di anno in anno, significa percepire quello spirito che contraddistingue tutti coloro che portano un foulard al collo, e non solo: si cresce, si impara, si insegna, si gestisce l’imprevisto, si canta e si sorride, e soprattutto, ci si diverte. A volte sembra di stare in un’altra realtà, dove si tiene in mano una Promessa, un impegno, al posto di un cellulare. Si apprezzano tutti i momenti o tutte le cose che succedono sempre, ma spesso neppure ce ne accorgiamo, come un tramonto, la riuscita di un fuoco acceso, la luce delle stelle, la bellezza della natura.

L’esperienza di quest’anno ha seguito un filone inaspettato perché forse creato da noi stessi. Ogni giorno, infatti, siamo stati messi alla prova nel dimostrare le capacità apprese nel nostro percorso, per trasmetterle agli altri e permettere uno scambio di nuove conoscenze nei diversi ambiti: il mondo della recitazione, dello sport, del giornalismo e del civismo, della liturgia… Ci siamo impegnati a fingerci giornalisti e redattori, persino nuotatori all’acquapark, a recitare poesie e a travestirci con costumi particolari, a svolgere tornei e attività di vario genere. Abbiamo messo a servizio degli altri le nostre competenze, così da renderci utili. Che senso avrebbe, infatti, imparare qualcosa di nuovo per poi nasconderlo? Che senso avrebbe tenere un talento per sé senza donarlo al prossimo? A che scopo? Impara per insegnare, vivi per far vivere.

Nel nostro viaggio ci ha accompagnato una figura speciale che abbiamo conosciuto giorno dopo giorno: Giuseppe, figlio di Giacobbe, “l’interprete dei sogni”. Con lui abbiamo capito dei valori importanti e abbiamo appreso che non bisogna arrendersi e scoraggiarsi davanti agli ostacoli, ma andare avanti e fare di tutto pur di superarli, grazie anche all’aiuto di Dio. Peraltro, i sogni sono proprio quelli che ci rendono vivi e dobbiamo continuare a coltivarli, se vogliamo davvero raggiungere l’immagine di noi a cui aspiriamo.

Quando un campo giunge al termine, la tristezza invade gli animi e l’atmosfera che si vive perché si ritorna alla vita normale, senza più il bisogno di entrare in una tenda per dormire, di raccogliere la legna per mangiare, di issare e ammainare le bandiere a inizio e fine giornata, di riunirsi attorno al fuoco la sera, cantando e divertendosi tutti insieme. Ma vengono alla mente tutte le avventure, i momenti e le giornate trascorse ed ecco che ritorna l’allegria perché ci si rende conto di aver superato almeno un po’ la propria siepe e di aver fatto del proprio meglio per rendere l’esperienza vissuta “unica”.