Il campo della scoperta: Itri 1985

E’ la mattina del 26 giugno. Ore 8,30 circa: per le strade ci sono esseri viventi non del tutto identificati; bestie da soma o scout con gli zainacci in spalla?

Dopo un’osservazione più minuziosa la risposta è: “Sono loro, gli  scout. Ma dove vanno così felicemente stracarichi?…”.

Ma signori miei, dimenticate che è il 26 giugno, giorno della loro partenza per Itri, e più precisamente per il “Santuario della Madonna della Civita”, meta prestabilita dove (non saper questo poi…) vivranno l’esperienza del loro primo campo estivo. 

Sì, il 26 giugno, noi, i ragazzi del gruppo AGESCI di Sparanise, siamo arrivati, su al Santuario della Madonna della Civita (che si trova in provincia di Latina ad un’altezza di circa 700 m.) dove padre Giuseppe, che molti di Sparanise conoscono, ci ha accolto gioiosamente e ci ha messo a disposizione, sicuro di poter avere fiducia in noi, un’intera ala del Santuario, dove cerchio, reparto e clan si sono potuti sistemare molto bene.

Il nostro primo campo estivo può essere definito come «il campo della scoperta». Ogni giorno i capi ci hanno proposto un tema, ci hanno dato, cioè, un argomento o una tematica sulla quale riflettere; qualcosa che insomma bisognava “scoprire”. Seguendo un ordine cronologico le scoperte che abbiamo fatto sono state queste: del luogo; di sé; degli altri; della natura; di Dio; dell’avventura; dell’espressione.

Ad ogni scoperta è stata abbinata un’attività. Il giorno della “scoperta” degli altri, l’attività da fare era quella di svolgere un’inchiesta sulle origini, la storia, l’economia, le leggende di Itri. 

Naturalmente, è stato necessario andare giù in paese, (da notare che dal Santuario al paese sono 13 Km che si sono dovuti fare a piedi, per un “bel” sentiero di montagna); arrivati in paese ci siamo subito sentiti a nostro agio, perché gli abitanti di Itri si sono dimostrati favolosi, in quanto ci hanno accolto con gioia e disponibilità, come se ci avessero conosciuto da sempre. Lì abbiamo svolto l’inchiesta, abbiamo mangiato, visitato il castello e poi cantato a squarciagola e loro non si sono per niente risentiti del nostro gioioso baccano, ma anzi siamo riusciti a coinvolgerli nel nostro clima festoso e hanno espresso il loro favore e compiacimento per le nostre attività; e bisogna dire che tanta cordialità ci ha lasciati meravigliati e ci è stata veramente di sprone per continuare in meglio.

La nostra giornata di campo in genere era così organizzata: il mattino sveglia alle sette, quindi si aveva un’ora di tempo per la pulizia personale e della camera (ogni squadriglia ne aveva una), dopo di che si faceva colazione. I capi, dopo averci illustrato il tema del giorno e la relativa attività, ci davano un determinato tempo per svolgere quest’ultima, in genere fino alle 11,30 circa. Dopo aver svolto l’attività, ogni squadriglia era impegnata a prepararsi il pranzo, che a volte, a causa delle nostre ignoranze culinarie, si poteva consumare solo dopo 2 – 3 ore. Il pomeriggio eravamo impegnati, dopo un’ora di riposo, nelle Olimpiadi, le quali ad alcune persone, le più bramose di vincere o le più impacciate, hanno causato qualche danno! per fortuna che la nostra capo gruppo era ben fornita di ogni sorta di medicinali, garze, cerotti e roba varia…

La sera, dopo la cena e quattro chiacchiere (ma il tempo in cui c’erano dei vuoti era ben poco, dato che i capi programmavano le giornate minuto per minuto) c’era il fuoco di bivacco, che è un modo per stare insieme e distendersi, dopo una faticosa giornata, con giochi, scenette e canti. Alle 22,30, ora stabilita della ritirata nelle camere, per non disturbare troppo i padri, ci si avviava nelle stanze e si cercava di dormire, sebbene la tentazione di parlare e scherzare per altro tempo era forte.

Lupetti e coccinelle crollavano appena infilati nei sacchi, ma il reparto diventava più “vivace” che mai, tanto che non sono state poche le ramanzine che si è dovuto subire dai «grandi capi» (don Peppino era quello più spietato). Il clan, invece, dormiva con i lupetti e coccinelle, il suo compito in questo campo è stato appunto quello di prestare servizio, che è poi il suo motto. I ragazzi del clan, infatti, hanno cucinato per i L/C, hanno lavato le gavette e rassettato le camere dei più piccoli oltre che fargli compagnia di notte.

La giornata dei capi invece non finiva al fuoco di bivacco; essi, infatti, erano impegnati fino a tardi, e chi sa che sonno, a programmare la giornata successiva.

L’ultimo giorno è stato triste, il clima non era festoso come sempre, ma pieno di malinconia, dispiaceva troppo a tutti lasciare quel posto meraviglioso.         

Tratto da “Campane di Sparanise” , Agosto 1985