Apriamo le porte a nuove culture!

Siamo sempre state attratte dall’esperienza di conoscere persone di diverse nazionalità che potessero farci uscire dal nostro Paese e farci entrare in contatto col mondo esterno. E’ per questo che abbiamo scelto, come prima impresa per ottenere la specialità di internazionale, di visitare un centro d’accoglienza locale, “Città Irene”, ubicato a Capua. Il progetto di questo centro (SAI, Sistema di Accoglienza e Integrazione) si impegna a costruire una vita nuova e un futuro prospero a stranieri e immigrati. Oggi ospita diversi ragazzi e ragazze, ma anche giovani madri con bambini. Garantisce a tutti un posto di lavoro e uno studio serale per poter conseguire la licenza scolastica.

L’emozione ha invaso i nostri cuori sin dall’inizio, quando abbiamo conosciuto le prime due ragazze, due storie, due Paesi, due personalità affascinanti: Elodì e Susan. Hanno entrambe 29 anni e provengono rispettivamente da Costa d’Avorio e dal Cameroun, due città africane francofone. Elodì è arrivata in Italia il 28 luglio 2021, dopo aver trascorso periodi difficili: era infatti stata venduta come schiava in Libia. Susan, invece, è fuggita dalla sua terra perché costretta dalla famiglia a sposare un uomo maggiore di lei in età. Tuttavia, col loro coraggio, sono riuscite a cambiare radicalmente la loro vita; oggi lavorano e studiano l’italiano. Sono entrambe di religione cristiana, infatti ci ha molto colpito la richiesta di Susan: una copia della Bibbia in italiano, per professare la fede e al contempo riuscire ad imparare meglio la nostra lingua.

L’incontro successivo è avvenuto con Afsahar, una bellissima ragazza di vent’anni proveniente dalla Somalia. Ci ha raccontato: “Lì c’erano tanti problemi e così ho lasciato i miei familiari per venire qui. All’inizio, è stato un po’ difficile ambientarmi in questo Paese a me sconosciuto, ma alla fine mi son sentita ben accolta da tutti”.

 Lei è musulmana: indossa sempre un velo e ci ha spiegato che tra poco inizierà il Ramadan, un periodo di digiuno e astinenza tipico della religione islamica.

Uno dei dialoghi che più ci ha divertito è stato quello con El Sayed, un ragazzo egiziano di ventiquattro anni, sbarcato a Messina nel 2016, dopo 12 lunghi giorni su una barca. Racconta che “ha rischiato di morire di fame e sete poiché il cibo non bastava per tutti”.  Prima della partenza, si è lasciato convincere dai suoi amici i quali continuavano a ripetergli che avrebbero trovato una bella vita in Italia. Talvolta, torna a Mansura, il suo Paese natale, per rivedere i suoi familiari e le persone a lui care. El Sayed ci ha rallegrato con la sua risata contagiosa e col suo animo pieno di “habibi”, “amore”.

Infine, abbiamo conosciuto Munawar, una ragazza atterrata a Roma dall’Afghanistan con sua sorella. Ha deciso di intraprendere questo viaggio a causa delle difficili condizioni di vita nel suo Paese, specialmente per le donne. Conosce quattro lingue e sa parlare molto bene l’italiano. Prima di arrivare in Italia era medico, ma purtroppo ha dovuto ricominciare tutti i suoi studi e ora sogna di riprendere la sua attività professionale. Si sta impegnando molto anche per poter ottenere la patente, cosa severamente proibita alle donne nel suo Paese.

Questo scambio interculturale ci ha fatto scoprire tante storie, tradizioni e valori di altre persone che cercano di realizzare i loro sogni in un nuovo ambiente. Abbiamo arricchito molte delle nostre conoscenze e anche i nostri animi, col coraggio di Susan ed Elodì, la dolcezza di Alfsahar, la simpatia di El Sayed e la forza di volontà di Munawar. Nel mondo esistono tante persone che, come loro, hanno affrontato e superato difficoltà e noi possiamo aiutarle, facendo del nostro meglio per far sentire loro a casa.

Dalla squadriglia Antilopi è tutto…alla prossima puntata!

                                            Ludovica Mancino e Chiara Micillo

Elodì e Susan
Afsahar
El Sayed e Munawar